La psicoterapia si occupa di offrire metodi di correzione rispetto a quanto casualmente organizzatosi nella mente dell'individuo e incolpevolmente da parte sua, durante gli anni evolutivi e formativi;
Quindi:la psicoterapia tenta di intervenire sulle conseguenze delle cause, cioè sull'organizzazione dei neurotrasmettitori, per mezzo della correzione e cambiamento delle funzioni psicologiche
* cioè, poichè le funzioni psicologiche sono espressione della chimica cerebrale, correggendo le funzioni psicologiche in positivo, si correggerà in positivo anche l'alterazione neurotrasmettitoriale nel cervello
* Gli psicofarmaci, invece, tentano di intervenire direttamente sull'alterazione neurotrasmettitoriale e riuscendo a correggerne l'alterazione, infatti, si assiste ad un miglioramento delle funzioni psicologiche ad esse collegate.
Il grande problema per gli psicofarmaci è che la correzione diretta sui neurotrasmettitori non si mantiene stabile, in una vera significativa quantità di casi
* Questo accade, molto probabilmente, perchè l'alterazione funzionale dei neurotrasmettitori, causata in origine durante gli anni giovanili di crescita, fu appunto causata da fattori ambientali e genetici, interagenti fra loro, con la partecipazione del soggetto stesso mentre viveva quegli eventi. Ciò significa che il soggetto giovane, mentre avvenivano gli eventi, partecipandovi o subendoli, si andava formando pensiero, opinione, convinzione e punto di vista soggettivo di interpretazione della realtà. Queste funzioni cognitive superiori, sono anch'esse, come ogni altra cosa nella mente, organizzate su base neurochimica, ma finora nessuno ha scoperto un farmaco che può intervenire su queste raffinatissime basi neurochimiche che producono il pensiero complesso dell'uomo, per cui gli psicofarmaci possono limitarsi ad intervenire soltanto sulla neurochimica delle emozioni, dell'umore ecc. L'unico metodo finora valido che conosciamo per tentare, presumibilmente, di arrivare nelle aree cerebrali dove avviene la neurochimica del pensiero complesso, è la psicoterapia.
* Dunque accade che gli psicofarmaci sono limitati ad intervenire sulle funzioni emotive e la psicoterapia sulle funzioni cognitive complesse e superiori. Essi, nei loro limiti, sono alleati terapeutici e devono agire simultaneamente e manovrati ambedue con abilità dagli specialisti deputati alla cura, cioè il neurologo per i farmaci e lo psicoterapeuta per la psicoterapia.
*I casi in cui la sola somministrazione psicofarmacologica ha dato risultati stabili e duraturi, sono, molto probabilmente, quei casi in cui, del tutto casualmente, la persona, sollevata dai sintomi grazie ai farmaci, ha incontrato, durante la transitoria vacanza sintomatica farmacologica, una serie fortuita di combinazioni situazionali che gli ha consentito uno stabile cambiamento di prospettive rispetto a prima, cioè un valido cambiamento di pensiero rispetto a prima, accadendo, così, una sorta di auto-psicoterapia spontanea e fortuita. Nella moltitudine dei casi, invece, dove pur prolungando la psicofarmacoterapia e/o provando con tutte le possibili combinazioni fra i farmaci a disposizione, la persona non migliora stabilmente, accade che sfortunatamente la persona non ha incontrato casualmente nulla di utile, ai fini di per poter mutare le proprie prospettive e i propri stili di pensiero. Quindi dal punto di vista cognitivo è rimasta la persona di sempre, ha continuato a vedere il mondo con i suoi occhi di sempre, nonostante il periodo di miglioramento sintomatico. Se queste personali prospettive non cambiano, cioè non cambiano determinati modi di pensare, vuoi casualmente o con la psicoterapia, la persona rimanendo identica a se stessa nel vedere la realtà, non può "guarire", perchè ovviamente continua a sentire le emozioni e gli umori che sono coerenti con il suo modo di pensare e i farmaci possono soltanto controllarne transitoriamente le conseguenze, cioè i sintomi.
Una persona che continui a vedere e pensare il mondo dal suo punto di vista, non potrà presumibilmente sentire emozioni e stati d'animo come se lo vedesse da un altro
* Chi sente ansia, profonda tristezza, depressione, rabbia esagitata, paura abnorme e fobia, nella maggior parte dei casi non sente immotivatamente queste sue emozioni: le sente perchè pensa ( e spesso non si è consapevoli del proprio pensiero, quando esso avviene nella mente a livelli inconsci e/o automatici ) la realtà in modo tale da ovviamente dover sentire quelle specifiche emozioni, le sente DOPO che ha pensato qualcosa per sentire quelle emozioni. Come potrebbe non sentirle più pur continuando a pensare i suoi pensieri di sempre? Se pure fosse possibile, si creerebbe nell' individuo una condizione artificiale, una scissione insopportabile nell'identità di quella persona: per esempio potrebbe pensare che adesso tutto gli andrà male e restare indifferente, o potrebbe gioirne, anzichè preoccuparsi o deprimersi. Egli stesso non si riconoscerebbe più. Anzi, nei casi in cui si verificano significative incoerenze fra la realtà oggettivabile, il pensiero e la risposta emotiva, si usa parlare, psichiatricamente, di più serie malattie mentali. Dunque la cura definitiva non può prescindere da una definitiva revisione di alcuni propri pensieri e personali prospettive nell'interpretazione della realtà.
Gli argomenti dei paragrafi precedenti non riguardano le più gravi forme morbose psicotiche e i disturbi psichici derivanti da malattie neurologiche: in questi casi è la malattia neurologica stessa a determinare l'alterazione del pensiero e non è la qualità del pensiero a determinare, come si presume, l'alterazione neurochimica. In questo caso è il pensiero stesso ad essere ammalato, in quanto è guasto, in qualche punto, l'organo neurologico che serve per pensare. Negli altri casi, invece, il pensiero è disfunzionale e non malato, nel senso che si è sviluppato e organizzato, durante gli anni giovanili, in modo poco adeguato a poter definire la realtà in modo sufficientemente logico, oggettivo e adattivo, corrispondendo con ciò anche ad una non buona organizzazione neurotrasmettitoriale. In questi casi i disturbi emozionali discendono da un pensiero sano, ma disfunzionale rispetto alla realtà più frequente e attendibile.
* La psicoterapia, in tutta la sua imperfezione, si occupa di non lasciare al caso il cambiamento cognitivo della persona e affiancandosi agli psicofarmaci che sono come i suoi soldati che combattono in prima linea i sintomi, lavora nelle retrovie per debellare definitivamente la sorgente del male della persona.
tratto da: www.psicotepia-palermo.it
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